SUCCESSIONE - IMPOSTE - Cass. civ. Sez. V Ord., 09-03-2018, n. 5746

SUCCESSIONE - IMPOSTE - Cass. civ. Sez. V Ord., 09-03-2018, n. 5746

Gli atti impositivi destinati al contribuente che sia deceduto, nell'ipotesi in cui sia stata eseguita la comunicazione di cui all'art. 65, comma 2, D.P.R. n. 600 del 1973, da parte degli eredi circa le proprie generalità ed il proprio domicilio fiscale, devono essere diretti e notificati personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da costoro comunicato. In mancanza, gli atti impositivi intestati al dante causa possono essere notificati nell'ultimo domicilio dello stesso, ma agli eredi collettivamente e impersonalmente ex art. 65, comma 4, D.P.R. n. 600 del 1973, qualora l'Ufficio sia comunque a conoscenza del decesso del contribuente, non sussistendo altrimenti la giuridica possibilità di procedere alla notifica impersonale prevista dalla legge; tale notifica è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui sopra. Di talché, in presenza di una dichiarazione di successione, la quale non può validamente sostituire la suddetta comunicazione, l'Amministrazione che sia a conoscenza del decesso del contribuente, è tenuta ad effettuare la notifica nell'ultimo domicilio del defunto, indirizzandola impersonalmente e collettivamente agli eredi. (Nel caso di specie, ricorrendo la suddetta ipotesi, non può ritenersi valida ed efficace la notifica dell'atto impositivo intestato al de cuius effettuata nell'ultimo domicilio dello stesso nelle mani del coniuge e non agli eredi impersonalmente e collettivamente. Né, in ipotesi siffatte può essere validamente invocata sanatoria del vizio di notifica ex art. 156 c.p.c.)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla - Presidente -

Dott. DE MASI Oronzo - Consigliere -

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa - rel. Consigliere -

Dott. BALSAMO Milena - Consigliere -

Dott. MONDINI Antonio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21820-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

C.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIA OSLAVIA 39-F, presso lo studio dell'avvocato EMANUELE CARLONI, rappresentata e difesa dall'avvocato ARNALDO FALCONI;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 497/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 27/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Svolgimento del processo

che la controversia promossa da C.M.L., in qualità di coerede di P.U., nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di registro, emesso a seguito di rideterminazione del valore dichiarato dell'avviamento dell'azienda ceduta dal dante causa alla P.U. s.r.l., è stata definita con la sentenza in epigrafe, recante il rigetto dell'appello erariale e la conferma della decisione della Commissione tributaria provinciale di Latina, la quale aveva dichiarato nulla la notifica dell'atto impositivo in quanto non eseguita, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, nell'ultimo domicilio del defunto, impersonalmente e collettivamente agli eredi del contribuente; che, secondo la CTR del Lazio, l'avviso di liquidazione, intestato al de cuius della C., doveva essere notificato agli eredi di P.U., essendo l'Amministrazione finanziaria venuta a conoscenza del decesso del predetto contribuente, avvenuto il 26/6/2005, attraverso la denuncia di successione da essi presentata;

che l'Agenzia delle Entrate ricorre per ottenere la cassazione della sentenza con un motivo, cui la intimata resiste con controricorso.

Motivi della decisione

che con il motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell'art. 156 c.p.c., giacchè la CTR ha dichiarato la nullità insanabile dell'impugnato avviso di liquidazione dell'imposta, in quanto irritualmente notificato nell'ultimo domicilio del deceduto contribuente alla C., coniuge del P., e non agli eredi impersonalmente e collettivamente, senza considerare che la validità dell'atto impositivo dipende dalla esistenza dei requisiti stabiliti dalle leggi d'imposta e non dalla ritualità della sua notificazione, finalizzata esclusivamente a portare a conoscenza del contribuente la pretesa dell'Amministrazione finanziaria, e che nel caso di specie l'applicazione della sanatoria del raggiungimento dello scopo deriva dalla tempestiva impugnazione dell'atto medesimo, circostanza che inequivocabilmente dimostra la piena conoscenza del contenuto dell'atto, ed impedisce di far valere il dedotto vizio della notificazione;

che va, anzitutto, disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per decorso del termine c.d. lungo d'impugnazione, in quanto, come documentalmente provato, la sentenza impugnata, non notificata, è stata pronunciata in data 17/6/2011, depositata il 27/6/2011, ed il ricorso per cassazione risulta proposto il 27/9/2012, data il cui l'Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, provvide, ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 55 alla spedizione a mezzo posta di copia conforme all'originale del ricorso, regolarmente pervenuto alla destinataria, in data 27/9/2012, nel domicilio eletto;

che questa Corte ha avuto modo di precisare, ai fini del riscontro della tempestività dell'appello, che "Per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c. (richiamato in relazione al processo tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3), si osserva, a norma dell'art. 155 c.p.c., comma 2, e art. 2963 c.c., comma 4, il sistema della computazione civile, non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all'art. 327 c.p.c., comma 1, devono aggiungersi 46 giorni computati "ex numeratione dierum", ai sensi del combinato disposto dell'art. 155, comma 1 stesso codice e L. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. " (Cass. n. 11491/2012);

che, dunque, il decorso del termine d'impugnazione, il quale non include il dies a quo in applicazione del principio fissato dall'art. 155 c.p.c., comma 1, (Cass. n. 2011/13973), va nel caso di specie esattamente ad iniziare il giorno 28/6/2011, per cui alla data del 27/9/2012, allorchè il plico contenente il ricorso per cassazione venne consegnato per la notifica all'ufficio postale, secondo la regola della scissione tra il momento di perfezionamento della notifica per il notificante ed il tempo di perfezionamento della notifica per il destinatario, sancita anche dalla giurisprudenza costituzionale, esso non era interamente trascorso, andando il termine a scadere proprio il 27/9/2012 ultimo giorno utile;

che va, altresì, esclusa l'inammissibilità del ricorso, ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c., n. 1, in quanto, a prescindere dalla superfluità della formulazione del quesito di diritto, esso "deve essere rigettato per manifesta infondatezza e non dichiarato inammissibile, se la sentenza impugnata si presenta conforme alla giurisprudenza di legittimità e non vengono prospettati argomenti per modificarla, posto che anche in mancanza, nel ricorso, di argomenti idonei a superare la ragione di diritto cui si è attenuto il giudice del merito, il ricorso potrebbe trovare accoglimento ove, al momento della decisione della Corte, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra la decisione impugnata e la giurisprudenza di legittimità, la prima risultasse non più conforme alla seconda nel frattempo mutata." (Cass. S.U. n. 19051/2010);

che la censura contenuta nel ricorso è infondata e non merita accoglimento;

che, in punto di fatto, risulta accertato che la notifica dell'avviso di liquidazione per cui è causa, intestato al de cuis, venne eseguita nei confronti del contribuente, P.U., e non nei confronti dei suoi eredi collettivamente ed impersonalmente, come prescritto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, pur essendo l'Amministrazione finanziaria a conoscenza dell'intervenuto decesso del predetto, avendo i suoi eredi presentato la dichiarazione di successione;

che, nel sistema di cui al citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, è previsto (comma 2) a carico degli eredi del contribuente un obbligo di comunicazione (del decesso del contribuente e del nominativo degli eredi) destinato a consentire agli uffici finanziari di azionare direttamente nei confronti degli eredi stessi le obbligazioni tributarie il cui presupposto si sia verificato anteriormente alla morte del dante causa;

che, dunque, l'Amministrazione finanziaria si trova di fronte a due possibili alternative qualora debba notificare un avviso di accertamento ad un contribuente che sia deceduto e, segnatamente, se è stata eseguita la comunicazione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2, delle proprie generalità e del proprio domicilio fiscale, gli atti impositivi devono essere diretti e notificati personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da costoro comunicato, se, invece, tale comunicazione non sia stata eseguita, gli atti impositivi intestati al dante causa possono essere notificati nell'ultimo domicilio dello stesso, ma agli eredi collettivamente e impersonalmente, e tale notifica sarà efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui sopra (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4);

che, ovviamente, la notificazione dell'atto tributario può essere eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4, quando l'Ufficio sia comunque a conoscenza del decesso del contribuente "non sussistendo altrimenti la giuridica possibilità di procedere alla notifica impersonale prevista dalla legge (Cass. 12886/2007)" (Cass. n. 8955/2014; n. 26718/2013);

che, nel caso di specie, non risulta dedotta la effettuazione, da parte degli eredi del P., della comunicazione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2, essendosi l'odierna intimata limitata a riferire della presentazione della dichiarazione di successione, adempimento che non può validamente sostituire la suddetta comunicazione, che peraltro deve essere presentata direttamente all'Ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento (Cass. n. 234116/2015; n. 27284/2014), per cui l'Ufficio avrebbe dovuto effettuare la notifica nell'ultimo domicilio del defunto, indirizzandola impersonalmente e collettivamente agli eredi, essendo a conoscenza del decesso del P.;

che, per quanto emerge dalla decisione impugnata, il procedimento notificatorio descritto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4, non è stato rispettato atteso che l'avviso impugnato, intestato al de cuius, fu notificato in data 7/12/2006 "nelle mani della Sig.ra C. qualificatasi "moglie", e non agli eredi impersonalmente e collettivamente;

che la ricorrente insiste nella applicazione della invocata sanatoria del vizio di notifica ex art. 156 c.p.c. la quale, com'è noto, opera se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza dell'atto impositivo (Cass. S.U. n. 19584/2004), ed evidenzia che la C., erede del P., avendo tempestivamente impugnato l'atto impositivo, ha dimostrando di avere avuto piena conoscenza dell'atto impositivo;

che, alla luce dei principi in precedenza illustrati, se la più volte ricordata comunicazione non sia stata eseguita, com'è accaduto nel caso di specie, gli atti intestati al dante causa possono essere notificati nell'ultimo domicilio dello stesso, ma devono essere diretti agli eredi collettivamente e impersonalmente e tale notifica sarà efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione predetta, essendo l'Amministrazione comunque a conoscenza della morte del contribuente, ed il rispetto di tale procedimento notificatorio non costituisce dato puramente formale ma, incidendo sul rapporto tributario, perchè relativo ad un soggetto non più esistente, è causa di nullità assoluta ed insanabile della notifica e dell'avviso di accertamento (Cass. n. 10659/2003; n. 12886/2007; n. 18729/2014);

che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2018


Avv. Francesco Botta

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